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21 Novembre 2024

Una parabola finita troppo presto

E’ passato qualche anno dalla sua scomparsa e molti se lo sono dimenticato. Oggi il mondo della maratona ha un suo padrone assoluto in Eliud Kipchoge e quella che avrebbe potuto essere la più grande sfida di sempre sui 42,195 km resta nella fantasia degli appassionati e degli addetti ai lavori: avrebbe vinto l’attuale primatista mondiale oppure Samuel Wanjiru? Già, perché paradossalmente quest’ultimo sarebbe stato anche più giovane del rivale, ma nel frattempo chissà che cosa avrebbe potuto fare continuando in quella parabola che aveva raggiunto vette altissime e che si è spezzata presto, troppo presto.

La carriera di Wanjiru è stata tanto luminosa quanto breve, conclusa in maniera tragica un giorno di maggio del 2011 da un volo dal balcone di casa a Nyahururu. La polizia non è stata in grado di dire se sia stato un incidente, un suicidio o un omicidio, quel che è certo è che è stato l’ultimo atto di un campione nello sport che, come tanti altri, faticava ad adattarsi alla vita fuori dalla ribalta.

Wanjiru era una sorta di “primo tra i primi”: il Kenya è notoriamente patria di corridori, ma questo ragazzo riassumeva su di sé tutto il meglio della genia: il talento in gara era abbinato alla perfetta gestione delle sue capacità e a tanto cuore, quello che ad esempio gli aveva permesso a Chicago nel 2010 di vincere una maratona nella quale a un certo punto nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato su di lui. Arrivato alla gara americana in condizioni imperfette, reduce dal suo primo ritiro in maratona a Londra dopo una sequenza di vittorie ininterrotta, sembrava tutto perduto anche perché l’etiope Tsegaye Kebede, battuto due anni prima a Pechino, aveva intravisto la possibilità di prendersi la rivincita, attaccando nella seconda parte. Un virus intestinale aveva impedito al kenyano di completare la preparazione ma dove non arrivano le gambe arriva il cuore, il carattere, lo spirito e così Wanjiru non ha perso un metro. Con l’avvicinarsi dell’arrivo Kebede sentiva venire meno dentro di sé le speranze e quando a 400 metri dall’arrivo Wanjiru per la prima volta ha preso la testa ha capito che non c’era più nulla da fare. Quando il kenyano ha tagliato il traguardo in 2h06’24” il suo trainer, il professor Gabriele Rosa ha sentenziato con le lacrime agli occhi, lui che non è propriamente propenso a esternare le proprie emozioni: “Questa è la più grande impresa che io abbia mai visto”.

Wanjiru è arrivato alla maratona col tempo, ma tutte le tappe della sua carriera facevano capire che era sui 42,195 km che il suo talento poteva esprimersi al meglio: un peso importante nella sua evoluzione l’ha avuto il giapponese Koichi Morishita, argento in maratona ai Giochi di Barcellona 1992, che in questo ragazzino arrivato dal Kenya per studiare in Giappone, come fanno moltissimi suoi connazionali che si guadagnano con la corsa un futuro nello studio, ha trovato un vero vincente, che prima ha dedicato al cross country per sviluppare la sua azione di corsa, poi alla mezza maratona che per il corridore africano è stato un passaggio importante, una fase lunga come dovrebbe essere nell’evoluzione di ogni maratoneta. Inizialmente le gare sui 21,097 km erano abbinate alla pista dove la forza di Wanjiru si esprimeva parimenti bene: a 18 anni il suo personale sui 5000 metri era di 13’12”40, non un grandissimo tempo per la distanza, ma una buona base per prove più lunghe e nell’agosto 2005, al Memorial Van Damme di Bruxelles, ottenne 26’41”75 sui 10000 metri, frantumando il record mondiale juniores di 23 secondi. Una prestazione monstre passata sotto silenzio solo perché in quella gara finì terzo con la vittoria all’etiope Bekele col nuovo record mondiale di 26’17”53. Per questo molti due settimane dopo sono rimasti sorpresi alla notizia del record mondiale che Wanjiru aveva stabilito alla mezza maratona di Rotterdam con 59’16”, un secondo meglio di Gebrselassie e quando questi si riprese il primato, Wanjiru non pose tempo in mezzo e nel 2007 si riprese il record negli Emirati Arabi, a Ras Al Khaimah con 58’53” migliorandosi di altri 20 secondi a L’Aja. Era chiaro che la maratona era il suo naturale terreno di caccia. Esordì in dicembre, preparandosi bene, nell’atmosfera amica di Fukuoka, vincendo con il nuovo primato della gara in 2h06’39”. Nel 2008 finì secondo a Londra, ma con un tempo sotto le 2h05’ e quando gli chiesero di partecipare ai Giochi di Pechino Wanjiru sapeva che l’oro non poteva che essere suo. A Pechino la gara non ebbe storia, troppa la sua superiorità con crono finale impressionante, 2h06’32”, quasi 3 minuti di progresso del record olimpico, una prestazione da gara con le lepri…

Era l’inizio della sua carriera, passata per vittorie a Londra e Chicago, per il titolo di miglior maratoneta nel 2009, per il bis a Chicago nel 2010, per tante altre vittorie che sembravano scritte nel suo destino. Diceva che in 5 anni sarebbe riuscito a correre sotto le 2 ore e chissà, forse ci sarebbe anche riuscito… Avrebbe avuto bisogno di una vita più tranquilla, invece collezionava mogli (in Kenya si può), denunce, litigi, richieste di denaro: arrestato nel dicembre 2010 per possesso illegale di armi, assalito più volte da banditi locali in quella Niahururu che non voleva lasciare, denunciato da una delle mogli per violenze domestiche e di nuovo in carcere, fino all’epilogo tragico dopo una furiosa litigata. Poteva essere il più grande di sempre. Poteva…

LA SCHEDA

Samuel Kamau Wanjiru (KEN, Nyahururu 10-11-1996  15-5-2011

Primati: 58’33” (Mezza maratona), 2h05’24” (Maratona)

Titoli: Campione olimpico di maratona a Pechino 2008

Vittorie: Londra 2009, Chicago 2009-2010, Fukuoka 2007

 

di Gabriele Gentili

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